Le prime notizie relative alla nostra famiglia nella zona del Roero, risalgono al 1270, quando i Malabaila da Asti, dove svolgono le loro attività bancarie e di commercio, decidono di espandersi nel Roero.
Il primo documento che parla di un acquisto di un terreno “atto a diventare vigneto” risale al 1362. Il protagonista qui è il Castelletto, storica vigna locata sul versante Sud di una collina che aveva in cima un piccolo castello .
È proprio da questa vigna, che ancora oggi si produce il nostro Roero Riserva Castelletto.
A testimonianza della continuità dell’attività vinicola, nell’archivio sono state ritrovate sette lettere a partire dal 1500 fino al 1624, in cui il principe di Piemonte e il duca di Savoia richiedevano i nostri vini a corte.
L’ultima discendente Malabaila è stata mia nonna, andata in sposa al conte Carlo Dal Pozzo con cui ebbe due figli, una femmina e un maschio che non ebbe eredi. Ora quindi gli eredi legittimi sono le mie figlie.
Le prime fondamenta del castello di Canale risalgono al 1270, quando l’edificio aveva funzione di fortezza voluta dal paese per la difesa in caso di scontri.
Successivamente il paese assegnò il maniero a Antonio e Domenico Roero, due fratelli che si divisero il castello, tenendo uno l’ala est e l’altro quella ovest.
Il salone di rappresentanza fu invece oggetto di varie battaglie tra i due fratelli fino a quando, nel 1512, subentrarono i Malabaila che, un po’ per matrimonio e in parte per successivi acquisti, entrarono in possesso del’intera proprietà.
L’edificio è stato poi negli anni ingrandito e trasformato in dimora gentilizia.
Uno dei personaggi più influenti della famiglia è stato Luigi Gerolamo Malabaila, ambasciatore italiano presso la corte d’Austria, dove incontra e sposa Maria Anna Palffy-Ordöd degli Esteràzy, famiglia reale austriaca. Luigi Gerolamo decide allora di stabilirsi a Vienna dove rimane poi per tutta la vita: giudicava infatti questo castello troppo piccolo e inadeguato per la sua numerosa famiglia (ebbe undici figli). Pur non venendoci, provvide comunque ad arredarlo: molti dei mobili che oggi decorano il salone provengono da Vienna, tra cui anche il grande tavolo, trasportato fin qui dalla capitale austriaca con un carro di buoi.
Oggi la nostra produzione di vino, su circa 22 ettari di vigneto, si aggira sulle 100 mila bottiglie all’anno.
Il terroir del Roero è ricco di minerali e fossili in sabbie bianche , ottime per il drenaggio delle piogge.
Il paesaggio è ricco di colline scoscese in cui si alternano vigneti, noccioleti, frutteti e i famosi boschi da tartufo.
Un tempo la vinificazione veniva fatta interamente al castello e sempre al castello si sistemavano le botti. Nel 2004 la produzione è stata poi spostata alla cascina Pradvaj (termine piemontese che significa arnese), una dimora antica, del 1700 usata per la produzione del vino, la raccolta del grano e si allevamento del bestiame.
La cantina allora è stata completamente rinnovata , con un progetto all’avanguardia non solo per l’aspetto prettamente tecnologico, la parte dedicata alla vinificazione è stata infatti ricoperta da una collina in modo da essere refrigerata naturalmente, con un effetto estetico straordinario che la nasconde alla vista in maniera quasi perfetta. Si trova in una posizione strategica ideale, proprio al centro di tutti i vigneti, un valore aggiunto perché facilita la lavorazione e il trasporto dell’uva.
La tendenza dell’azienda a favorire interventi sempre più in sintonia con la natura fa sì che nelle vigne sia stato totalmente eliminato l’uso di diserbanti e venga preferita la concimazione organica naturale.
Oggi la nostra produzione di vino, su circa 22 ettari di vigneto, si aggira sulle 100 mila bottiglie all’anno.
Il Roero, con un paesaggio di colline scoscese in cui si alternano vigneti, noccioleti, frutteti e i famosi boschi da tartufo, ha un terroir ricco di minerali e sabbie bianche ottime per il drenaggio delle piogge.
E’ proprio qui che, nel 1985, partendo da un vitigno vecchissimo si è iniziato a fare il Roero Arneis Docg, un bianco dal profumo di fiori e frutti freschi.
Allora la nostra terra era famosa per i rossi, infatti ci si limitava a mettere alcuni grappoli d’uva bianca all’inizio dei filari per attirare gli uccellini che li preferivano per il sapore più dolce, risparmiano così l’uva rossa…Come cambiano i tempi!
Quanto alla designazione del’Unesco, è certamente una grande occasione offerta per promuovere l’eccellenza dei nostri prodotti. Un’opportunità per far scoprire un territorio meraviglioso con un’altissima cultura enogastronomica ancorata alle radici della tradizione.